L’adolescenza tra le nuove forme di malessere e i cambiamenti sociali

L’adolescenza è di per sé un percorso impegnativo e faticoso, tuttavia può diventare ancora più difficile in alcune situazioni particolari che richiedono di affrontare ulteriori sfide o disagi. Nell’adolescenza avvengono dei grandi cambiamenti fisici e psichici, che portano ad una frattura, ad un grosso periodo di riorganizzazione del proprio essere. Compito dell’adolescenza è strutturare una nuova identità a partire dalla messa in conflitto dei valori genitoriali precedentemente accettati. Comincia a diventare importante il gruppo dei pari che diviene il punto di riferimento con il quale confrontarsi.

In questo periodo sono normali i vissuti depressivi di perdita, perché si sta perdendo la propria identità bambina in favore di un’altra che ancora non si conosce. La sessualità diventa un nuovo problema con cui confrontarsi. Perché si possa superare al meglio questo periodo ci devono essere stati dei genitori capaci di creare nel proprio figlio una base sufficientemente sicura, su cui l’individuo possa fare affidamento per affrontare i rischi e le paure del cambiamento.

Anche per i cambiamenti repentini che stanno avvenendo nella nostra società, lo sviluppo psicologico nella maggior parte degli adolescenti comporta uno stress continuativo. La sfida che vivono quotidianamente gli adolescenti è dunque quella di costruirsi un’identità positiva in contesti sociali mutevoli, senza più riferimenti stabili.

Il periodo adolescenziale si può superare al meglio con la strutturazione di una nuova identità adulta oppure può andare incontro ad una serie di fallimenti che poi possono divenire delle vere e proprie patologie. Osserviamone alcune.

Cominciamo occupandoci di uno dei rischi cui può andare incontro l’adolescente: la depressione. Questa si sviluppa a partire da determinate vulnerabilità genetiche, cui si deve poi affiancare una famiglia che non è capace di fornire una base sicura e qualche evento traumatico per la nostra individualità, come un lutto improvviso o anche solo la fine di una relazione sentimentale, che porta il nostro sistema ad andare in tilt. Nel nostro cervello si verifica squilibrio ormonale, comincia a mancare la serotonina. Così arriviamo a pensare che la soluzione migliore per la nostra vita è porgli termine e questo pensiero diventa pervasivo ogni giorno sempre maggiormente.

Nella società della felicità eterna, del consumo infinito, siamo tristi, anzi angosciati, la vita non ha più alcun senso. Non sappiamo che farcene. Quale senso dargli? La religione e la politica non danno più risposte. La realtà salta agli occhi senza più alcun velo e scopriamo di trascinarci in un’esistenza senza scopo: diventa difficile alzarci dal letto, l’ansia, la colpa di non andare bene, di non essere fatti per questo mondo, di sbagliare sempre tutto, di non essere simili nemmeno lontanamente ai modelli proposti ci annienta. Meglio farla finita, tanto non abbiamo speranza.

L’attuale momento storico appare caratterizzato da una caduta dei valori tradizionali, soprattutto da un sovvertimento delle vecchie regole con tentativi di codificazione di nuove, che possono apparire devianti e spesso in contraddizione rispetto alle precedenti. Si cerca una realtà semplificata, banalizzata, immediatamente comprensibile e si confonde la felicità con la soddisfazione dei sensi, attraverso una sostanza, la tossicodipendenza, mentre sappiamo che la ricerca della felicità è un percorso difficile. La sostanza usata dà una percezione effimera della realtà, che dura solo il tempo dell’effetto e che scompare nel momento in cui questo cessa. L’individuo è consapevole del fatto che il vissuto di benessere e la sensazione di superiorità sono dovuti all’effetto della sostanza, ma si illude che siano reali.

La sostanza ha spesso la funzione di creare la finzione di un affratellamento all’interno dei gruppi che la usano, nell’illusione di una pseudofusione interpersonale. Il gruppo di pari tossicodipendenti agisce nel creare un’identità di gruppo che si distacca dal mondo degli adulti.

Il problema più grande è il fatto che l’incontro con la droga è trasformativo: questo cambiamento diventa un’esperienza di riferimento per il soggetto e non è più cancellabile dalla sua memoria. Ogni altra esperienza verrà confrontata con quella e, senza una adeguata elaborazione, ne uscirà perdente.

Un altro dei fenomeni che spesso l’adolescente deve oggi affrontare è il bullismo, definito come un’oppressione, psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona o da un gruppo di persone più potente nei confronti di un’altra persona percepita come più debole.

Un’azione è considerata offensiva quando un individuo infligge o arreca intenzionalmente un danno o un disagio ad un altro individuo. Tali azioni possono essere perpetrate sia a livello verbale, attraverso minacce, rimproveri, ingiurie, sia ricorrendo al contatto fisico, ad esempio, picchiando, spingendo, prendendo a calci. Infine, le azioni offensive possono venir commesse anche non verbalmente o senza contatto fisico, ma attraverso smorfie, gesti sconci, l’esclusione intenzionale di un individuo dal gruppo… Ricordiamoci anche i problemi legati ai nuovi mass media e alle nuove vittime del cyber-bullismo.

La relazione bullo-vittima è centrale nel bullismo, anche se questi due soggetti non sono gli unici attori coinvolti, infatti, gli episodi di bullismo avvengono frequentemente alla presenza di alcuni osservatori, spesso incapaci di intervenire per paura delle conseguenze o perché non si ritengono direttamente coinvolti nella situazione. Il tipo di relazione che si instaura tra il bullo e le sue vittime è caratterizzata dalla presenza di uno squilibrio di potere. Il più forte mette in atto condotte ostili verso il più debole per danneggiarlo o metterlo in difficoltà.

Il bullismo è un fenomeno che interessa prevalentemente la fascia d’età dai 7 ai 16 anni circa. È da sfatare la credenza che vedeva una monocausalità del fenomeno nei contesti socialmente deprivati e poveri. Sembra infatti che sia fenomeno presente in maniera omogenea in tutte le classi sociali. Si ipotizza, dunque, che entrino in gioco molteplici cause: dalle dinamiche psicologiche e personologiche, al ruolo della famiglia, alla scuola.

I bulli sarebbero dei bambini o ragazzini che si mostrano aggressivi verso i coetanei, verso gli insegnanti e verso i genitori. Sono impulsivi, scarsamente empatici, incapaci di stabilire relazioni positive, con livello di autostima apparentemente elevato, forte aggressività, bassa tolleranza alla frustrazione e difficoltà nel rispettare le regole. L’adolescente bullo ha in realtà una scarsa autostima, che cerca di compensare svalutando l’altro.

Un’altra delle problematiche cui può incorrere l’adolescente è uno dei disturbi del comportamento alimentare, nello specifico l’anoressia. L’etimologia di “anoressia” significa “mancanza di desiderio”. Non è questo il sintomo dell’anoressica, l’anoressica ha fame, soprattutto dell’affetto dell’Altro che le è sempre mancato. L’anoressia è una malattia tipicamente femminile, ancora oggi il rapporto è di 10 donne contro 1 uomo.

Per quello che ne sappiamo oggi anche per l’anoressia ci sono delle caratteristiche genetiche specifiche, che rendono un individuo più vulnerabile alla malattia. Ciò che però caratterizza maggiormente la dinamica della genesi dell’anoressica è il rapporto con la madre. Una madre che per sue fragilità, ha bisogno di una rapporto fusionale con la propria figlia. La madre svaluta la propria bambina, per evitare che possa divenire indipendente, aumentando il suo senso di insicurezza. Poi però la madre chiede alla propria figlia di farle da madre, in un rapporto di accudimento invertito.

L’anoressica reagisce a questa dinamica con un rifiuto della vita. L’eccessiva magrezza è in realtà la volontà di dimostrare che non ha bisogno di un corpo, che la sua purezza e perfezione va al di là di ciò che gli uomini riescono a fare, l’anoressica può fare a meno del cibo. Questa capacità di riuscire a negare uno degli istinti principali dell’uomo, il bisogno di nutrirsi, è ciò che fa sentire l’anoressica importante: non riesce a controllare nulla della propria vita, ma è in grado di vincere la tremenda fame che prova. Tale meccanismo produce un senso di euforia e di onnipotenza: l’anoressica vince contro l’Altro che la vuole imprigionare e gli dimostra che è lei la più forte.

L’anoressia è un’altra delle malattie tipiche della nostra società occidentale. In altre società dove non c’è il riferimento continuo ad un modello femminile di androginia, un corpo privo di forme e della propria femminilità, non esiste questa malattia. Il modello di corpo proposto non è possibile per la prosecuzione della vita. Pensiamo alla Barbie: se esistesse una donna con le sue proporzioni, non potrebbe di sicuro avere figli, perché avrebbe il bacino troppo stretto, ma non potrebbe nemmeno stare in piedi.

La donna, dopo tutte le lotte delle femministe, è tornata ad essere solo un corpo da mercificare. Il corpo proposto in continuazione è quello di un essere umano perfetto, che controlla i propri bisogni, secondo le regole estetiche della società: non è importante se ci piace mangiare un’altra fetta di torta, è più importante che poi possiamo indossare una taglia “42” massimo “44”.

Si è voluto tralasciare le dinamiche cliniche legate alle varie evoluzioni della malattia e quindi non si è parlato delle relazioni con le altre forme di disturbi alimentari, per soffermarci maggiormente sullo specifico dell’anoressia, come altra forma esemplare del malessere contemporaneo. L’anoressia dimostra l’adesione completa dell’individuo ai dettami della società: si accetta in totale il modello di donna proposto fino alle sue estreme conseguenze, che portano all’estinzione della propria vita.

Da tutte queste possibili problematiche, che sono solo alcune delle tante che gli adolescenti possono dover affrontare durante la loro vita, se ne può uscire con le cure mediche e psicologiche adeguate, che aiutino gli adolescenti a costruirsi una propria identità, che vada al di là dei modelli imposti dall’attuale società.

 

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