L’uomo senza riferimenti ovvero la precarietà dell’identità

L’essere umano è un essere relazionale, vive in un contesto da cui ha bisogno di conferme. Se così non fosse avrebbe dei problemi gravi a confrontarsi con la realtà. Quando questo succede, siamo infatti di fronte a gravi problemi e malattie, come la schizofrenia, in cui si è perso il contatto con ciò che ci circonda.

Il bambino appena nato ha un sistema biologicamente determinato, il sistema dell’attaccamento, che scatena nell’adulto il sistema complementare dell’accudimento, così da ricevere la conferma di essere meritevole di avere attenzioni. Il bambino che non riceve conferme, che viene abbandonato a se stesso, va incontro a gravi conseguenze, che vanno da un ritardo nello sviluppo, alla formazione di un’identità disorganizzata, fino ad arrivare, nei casi estremi, alla morte.

Lo sviluppo dell’identità prosegue così con bisogni di conferme continui e disconferme ottimali: non si può sempre ottenere tutto ciò che si vuole, anche il bambino con il tempo deve imparare che il mondo non è sempre a sua disposizione. Una giusta frustrazione alle proprie richieste eccessive, aiuta ad imparare a tollerare la frustrazione ed affrontare le difficoltà che il mondo proporrà.

Il bisogno di conferme non si esaurisce con l’età infantile, ma continua per tutto il processo della vita. Con il crescere dell’età cambiano i riferimenti ai quali ci rivolgiamo per ricevere le nostre conferme. Così ad esempio nel periodo adolescenziale, in cui vi è una frattura nei confronti dei genitori, una messa in discussione dei valori trasmessi, alla ricerca di una propria identità, è il gruppo dei pari quello dalla quale cerchiamo conferma. Si spiegano così alcuni fenomeni legati a questo periodo della vita: attenzione a vestirsi come il gruppo, ascoltare la musica giusta…

Anche nella cosiddetta età adulta continua il bisogno di conferme, ora però le ricerchiamo in un contesto ancora più allargato, come ad esempio quello lavorativo. Diventa importante la realizzazione professionale, il riuscire a crearsi una famiglia, divenire indipendenti dalla propria famiglia di origine, valori che ci vengono trasmessi fin dalla nostra infanzia e che sono fondativi della nostra cultura.

In questo periodo di crisi economica e sociale, di assenza di narrazioni forti, di mancanza di prospettive, di instabilità perenne, dove è possibile trovare le conferme al proprio essere? Il sentimento depressivo che aleggia nelle generazioni a contratto a tempo determinato o disoccupate è quindi legittimo.

La nostra cultura ci ha insegnato che se ci manca qualcosa è perché non abbiamo fatto abbastanza, avremmo potuto fare di più: così oltre al disagio economico, l’instabilità lavorativa provoca anche un senso di frustrazione e di inutilità. Non a caso le coppie italiane fanno figli sempre più avanti nell’età, se li fanno.

Non so quali possano essere le soluzioni a questo disagio, perché andrebbero cambiate le condizioni socioeconomiche che lo provocano, però bisogna prendere consapevolezza di questo sentimento e dei problemi sociali che da esso derivano, è l’inizio di un cambiamento possibile.

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