Il 25 Febbraio 2022, secondo giorno di guerra in Ucraina si sono presentate, nel mio studio di psicoterapia, due ragazze ventenni.
Emanuela, in lacrime: “Dottore non ho dormito tutta la notte. Manca poco e verranno a prendere mio fratello per la leva obbligatoria e lo manderanno a combattere in Ucraina…”
Sara: “Se avessi saputo della guerra, non sarei mai partita. Avrei passato gli ultimi momenti con il mio ragazzo e il mio gatto…”
Avrei dovuto spiegare loro la storia contemporanea, che forse non hanno studiato bene, anche perché a scuola non la si insegna più, e il mezzo d’informazione per i giovani è ormai Instagram?
È dal 1945 che noi italiani siamo coinvolti in una guerra semifredda tra USA e URSS/Russia.
L’URSS/Russia ha già invaso degli stati sovrani: l’Ungheria nel 1956 e la Cecoslovacchia nel 1968, senza poi giocare ad invadere il resto d’Europa.
Sul suolo europeo nella ex Jugoslavia si è verificata una guerra fratricida durata 10 anni dal 1991 al 2001. L’ultima guerra è stata nel 1999, quando il Kosovo si voluto rendere indipendente dalla Serbia, stato di cui faceva parte, ed è stato aiutato dalla NATO con interventi militari.
Se avessi fatto questa parentesi storica la loro ansia si sarebbe placata? Non penso proprio… Sono uno psicoterapeuta a me interessa aiutare le persone. I malesseri degli individui dipendono anche dalla società in cui vivono.
Durante i momenti più caldi della pandemia la comunicazione ufficiale sui mezzi di maggiore diffusione ha condotto la popolazione a maturare uno stato di ansia generalizzata. La comunicazione ufficiale non ha responsabilizzato i cittadini, ma ha utilizzato la paura come mezzo di controllo comportamentale.
Parlare della guerra, fenomeno da condannare con fermezza, ma legato alla complessità del mondo nella quale viviamo, alla geopolitca e ovviamente agli interessi economici, come l’espressione di un pazzo che poi invaderà la Polonia, per conquistare il mondo, come fosse una partita Risiko, serve solo ad aumentare l’angoscia e il terrore che già ogni guerra crea, soprattutto se fatta percepire come nel cortile di casa.
Allora i due dialoghi riportati all’inizio si spiegano e acquistano un senso pur nella loro illogicità.
Come psicoterapeuta il mio compito è accogliere la sofferenza dei pazienti e aiutarli a gestirla meglio, ma mi impone anche l’obbligo morale di far presente che è ora che i mass media imparino a fornire notizie in maniera adatta alla popolazione e non solo allo scopo di aumentare l’audience con toni allarmistici, forieri di ansia ingestibile.