USA: ABORTO VIETATO, INDIETRO TUTTA…

Negli Usa, paladina dei sacri valori dell’Occidente moderno, la Corte Suprema sancisce la fine del diritto all’aborto. Si torna indietro di 50 anni, quando fu garantito il diritto delle donne di abortire.

Si ritorna al “tempo in cui il governo negava alle donne il controllo sulle loro funzioni riproduttive e le costringeva a portare avanti gravidanze che non volevano per poi le abbandonarle una volta che erano nati i loro bambini.”(Michelle Obama)

Ora i singoli Stati saranno liberi di applicare le loro leggi in materia. Ogni stato della federazione potrà disciplinare il diritto all’aborto in base alle proprie leggi. Nel 1973 in oltre la metà  degli stati l’aborto era considerato reato, quindi non poteva essere praticato in nessun caso.

Le disuguaglianze sociali aumenteranno. Chi avrà i soldi potrà andare ad abortire in uno stato dove l’aborto è legale. Chi apparterrà ad una classe più svantaggiata, dove sarà più facile che avvengano gravidanze indesiderate, anche a causa di una mancanza di cultura sessuale adeguata, magari ricorrerà a pratiche pericolose per abortire.

Per le donne il riconoscimento del diritto di poter decidere se abortire o meno è stato un grande passo avanti. Ogni donna deve avere il diritto di prendere la decisione  di interrompere o meno la sua gravidanza. “Il danno che lo stato imporrebbe alla donna incinta negandole del tutto questa scelta è evidente.

Per la donna può esistere un danno specifico e diretto, diagnosticabile da un medico, derivante dalla gravidanza. La maternità, o un ulteriore figlio, rischia di condannare una donna a una vita e un futuro angosciosi. C’è il rischio di un danno psicologico. La salute mentale e fisica può essere messa a dura prova dalla cura del bambino. Esiste inoltre l’angoscia, per tutti gli interessati, legata a un bambino non voluto e il problema d’inserire un bambino in una famiglia già incapace, psicologicamente e da altri punti di vista, di prendersi cura di lui.

In altri casi, come in questo, possono esistere difficoltà aggiuntive, oltre alla stigmatizzazione di una maternità avvenuta senza matrimonio. Tutti questi sono fattori che la donna e il suo medico curante dovranno necessariamente considerare in sede di consulto”. (1973 sentenza Roe contro Wade)

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