Adolescenza: quando la crescita è una sfida

L’adolescenza rappresenta il prototipo delle crisi nel senso etimologico del termine (dal greco χρισισ, da χρινειν=separo, decido): cioè costituisce un momento di cambiamento, separazione e scelta; permette infatti di costruire un modello di come verranno affrontati gli altri cambiamenti in futuro. È una grossa opportunità, non solo un pericolo.

Sebbene oggi i suoi confini cronologici siano meno definiti rispetto a un tempo, prolungandosi anche oltre i 20-30 anni, si fa riferimento all’adolescenza come a quel periodo di crescita che comincia intorno ai 13 anni e si caratterizza innanzitutto per il corpo che cambia: la statura aumenta, la forma del corpo si rimodella, compaiono i peli pubici e si assiste alla maturazione degli organi genitali. Il corpo diventa un estraneo, l’adolescente lo trasforma continuamente.

Cambia il modo di pensare: si assiste alla comparsa della capacità di astrazione, si fanno ipotesi su se stessi e il mondo, sul rapporto tra possibile e reale. Si dischiude il mondo della speculazione, degli ideali, della progettualità.

Le emozioni sono molto intense e rapide; si assiste a repentini e bruschi cambiamenti di umore, sentimenti e pensieri. L’amore della propria vita è dimenticato dopo qualche settimana, le amicizie sono fluide e variabili.

Caratteristica centrale dell’adolescenza è il bisogno di sfida rappresentata da un continuo tentativo di superare i limiti, non tenendo conto dei rischi: si vuole andare oltre per mettersi alla prova e anche per farsi notare dal gruppo.

Il gruppo di coetanei svolge un ruolo significativo in questa fase. Con loro si costruisce e rafforza la propria identità: si sperimentano nuove emozioni legate alla sessualità, alla cooperazione, alla competizione e al desiderio di provare nuove esperienze.

Ai genitori viene chiesto di contenere e non accudire. A volte è difficile accettare di far sperimentare al proprio figlio alcune esperienze perché si ha paura che non sia pronto o che si metta in una situazione troppo rischiosa. Da un lato la ricerca di un’identità propria passa attraverso il conflitto con i genitori, dall’altro lato si alterneranno ora momenti oppositivi, ora esigenze imitative.

Si vive un lutto per un’infanzia ormai perduta: il tempo è la migliore cura.

Se tutto è andato bene durante l’infanzia, il tempo trascorso con la famiglia è una base sicura, in cui trovare appoggio affettivo, disponibilità emotiva, modelli da seguire.

Come abbiamo detto prima, l’adolescenza è un periodo di crisi, ma quando si può parlare di crisi patologica? Quando siamo in presenza di un disagio specifico e persistente nel tempo che si esprime ora nel ritiro, ora nel conflitto esasperato, impulsivo, talvolta sostenuto anche da un gruppo poco affidabile.

Il compito degli adulti, quindi non solo dei genitori, è quello di aiutarli a crescere.

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