L’anima senza l’ego? Realtà o fantasia di una cultura passata

Lo sviluppo della cultura occidentale è stato dominato dall’ego mascolino e dal suo ideale di potenza. Essa fu preceduta da una cultura più primitiva in cui le funzioni e gli attributi femminili determinavano i rapporti tra l’uomo e la natura e la vita. Questo primo stadio corrisponde al periodo matriarcale in contrasto con il periodo patriarcale, che venne dopo. Nel matriarcato, i rapporti di parentela esistevano solo nella linea materna. Il maschio era considerato come un’estensione della donna, venerata come Grande Madre, magna mater. Il grande mutamento culturale che si verificò all’alba della storia può anche essere visto in rapporto con la detronizzazione delle antiche divinità femminili e la loro sostituzione con figure maschili, in seguito glorificate nella concezione giudaico-cristiana del Dio Padre.

Nell’immagine della Grande Madre, che i primitivi raffigurarono in sculture a disegni, era la donna ermafrodita, con la barba o il pene, si combinavano mascolinità e femminilità. Nell’antica mitologia egiziana essa era Neith, la procreatrice, “la donna che partorì il sole,” che era anche dea della guerra. Hathor portava un disco solare con corna di vacca; forniva il latte e aveva partorito il sole, ma era anche “assetata di sangue, flagello dell’umanità.” La Grande Madre era la dea della vita e della morte, della natura e delle sue manifestazioni. Era la personificazione della natura, selvaggia e intatta; suoi erano le zanne della belva e il canto dell’uccello. Il suo culto comprendeva sacrifici cruenti, sia umani che di animali, e riti di fecondità in cui avvenivano castrazioni simboliche o effettive. La Grande Madre aveva un duplice aspetto: “madre buona” e “madre terribile,” colei che dà e colei che prende, colei che provvede e colei che distrugge, vita e morte. In questo senso, rappresentava la natura come la vedeva l’uomo primitivo. Ma era anche la madre dell’infanzia: colei che nutre e conforta ma che può anche abbandonare o far del male al bambino. Anche in questo caso presentava due aspetti: “buona madre” e “cattiva madre.”

Un fattore chiave nel rovesciamento del sistema matriarcale fu la conoscenza della funzione dell’organo maschile nella procreazione. In certe culture, come quella delle isole trobriandesi, il ruolo del membro maschile nella concezione rimase sconosciuto fino al ventesimo secolo. Prima si credeva che la concezione avvenisse quando lo spirito penetrava nella donna dall’acqua o dall’aria. Il corpo della donna era considerato un ricettacolo contenente il principio generativo. Il suo simbolo era la cornucopia, dalla quale traboccavano i frutti della terra. È comprensibile che i primitivi non riuscissero a mettere gli atti sessuali in relazione con la gravidanza e la nascita. La scarsa frequenza delle gravidanze rispetto al gran numero di atti sessuali e il lungo intervallo di tempo fra la concezione e la nascita sembravano escludere ogni rapporto diretto. I primi a vedere questo rapporto furono membri di tribù nomadi la cui economia si basava sulla pastorizia. Si può presumere che essi abbiano trasmesso questa conoscenza a culture di carattere agricolo.

Storicamente, lo sviluppo del matriarcato può essere messo in rapporto col progresso culturale dall’età della pietra all’età del bronzo, caratterizzata dall’uso di utensili metallici. Gli uomini dell’età della pietra usavano il fuoco per cucinare e per riscaldarsi. Esso diede all’uomo il potere di trasformare la natura, un potere che dipendeva dalla nuova volontà.

L’uomo dell’età della pietra aveva accumulato certe esperienze, e si era reso conto di certe sequele d’eventi. Ma il fenomeno della trasformazione naturale esemplificato dal ciclo vegetativo o dalla nascita di un bambino era un mistero per lui, e apparteneva all’ignoto o a forze oscure. La conoscenza della causa e dell’effetto, dei rapporti fra gli avvenimenti divenne la conoscenza del bene e del male. Il bene consisteva nel potere di trasformare la natura, mentre il male era la conoscenza dell’isolamento, dell’insicurezza e della mortalità dell’uomo. Un complesso di fattori, comprendenti il sapere, l’uso del fuoco, del metallo e delle provviste alimentari, trasformò la cultura dell’età della pietra con la sua organizzazione matriarcale in una cultura basata sulla potenza e dominata dal principio maschile.

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