Dare corpo alle emozioni

Siamo un’unità bio-psico-sociale inscindibile.

Se per secoli la cultura occidentale, dalla tradizione religiosa alla filosofia cartesiana ha sostenuto la dicotomia tra corpo e mente, è una conquista relativamente recente l’evidenza dell’interazione reciproca tra aspetti biologici, psicologici e sociali. A tal proposito non si può non citare il modello psicobiologico di Cloninger che spiega la personalità come il frutto dell’incontro tra il temperamento e il carattere.

Schematicamente:

Temperamento (aspetti biologici e comportamentali):

Ricerca della Novità → livello di attivazione esploratoria

Evitamento del Danno → sistema di inibizione comportamentale

Dipendenza dal Riconoscimento → mantenimento condizionato del comportamento

Persistenza → mantenimento incondizionato del comportamento

Carattere (aspetti psicodinamici e sociali):

Autodirettività → autoconcetti su se stesso = forza dell’Io

Cooperatività → autoconcetti sugli altri = sentimento sociale

Autotrascendenza → comunicazione olistica con il mondo = senso di appartenenza

La scienza moderna e i recenti sviluppi della medicina e della tecnologia, tentano di oggettivare il corpo attraverso uno sguardo che lo seziona e misura al microscopio. È un corpo umano definito in generale, che nulla racconta di come può essere vissuto soggettivamente: la trascrizione completa del codice genetico, mera sequenza di segni, non è traduzione dei significati simbolici che ciascuno attribuisce all’esperienza personale del mondo.

E quest’esperienza di vita non può costituirsi che in relazione al proprio corpo e alle sensazioni che ne derivano. In tale contesto, le emozioni definiscono la traccia psicologica della relazione continua tra l’individuo e l’ambiente circostante, e il corpo che le esprime narra una storia con le sue cicatrici e i suoi movimenti. Capita persino che il dolore possa restare imbrigliato nel corpo, lanciando una comunicazione all’altro, come un ponte che lega mondi interni distinti.

Più in dettaglio, le informazioni che provengono dalla realtà esterna e interna sono in ogni istante centinaia e occorrono filtri che selezionino gli stimoli principali. I sensi e i loro limiti sono un primo filtro dei dati che entrano a far parte del modo in cui viviamo e pensiamo di vivere. La reazione agli stimoli si basa su un’elaborazione successiva che cambia a seconda della propria esperienza, la rappresentazione di sé e della realtà, la situazione attuale e la cultura di appartenenza. Ne derivano, in modo rapido e talvolta incomprensibile, emozioni anche molto intense.

Sentire le emozioni è fondamentale perché significa sentirsi esistere, dialogare con se stessi e con gli altri, avere una guida che orienti il comportamento personale. Bisogna sottolineare che non esistono emozioni negative: la paura, ad esempio, permette di reagire tempestivamente ad un pericolo, difende allora la sopravvivenza personale. Ciò che è negativo è la mancanza di equilibrio, l’eccesso e l’esclusività, come quando, ad esempio, si vive in un costante stato di allerta.

Succede che certe emozioni diventino prevalenti o che si diventi ipersensibili o ancora che si viva come se si guardasse tutto da lontano, separati dalla propria esperienza, che diventa allora falsa e impersonale.

È importante quindi imparare a riconoscere, esprimere e comprendere le emozioni che si provano, ma per potersi permettere tutto questo bisogna aver vissuto fin da piccoli in una rete di relazioni affettive ricche, varie ed oneste.

Se senti il bisogno di un supporto psicologico non esitare a contattarmi: aspettare non è mai una buona idea. Compila il form e fissiamo un appuntamento
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