I perdenti della generazione Y

La generazione Y è costituita dai nati tra il 1980 e il 2000.

Questa definizione si deve agli autori William Strauss e Neil Howe, che nel loro libro del 1991 “Generations: The History of America’s Future, 1584 to 2069”, definirono le generazioni americane.

La generazione Y è figlia del neoliberalismo, derivato dalle profonde trasformazioni degli anni Sessanta, ed è caratterizzata da un maggiore utilizzo e una maggiore familiarità con la comunicazione, i media, la rete e le tecnologie digitali. È la generazione della precarietà, il che li ha spesso visti classificati come “bamboccioni”, perché dipendono dalla famiglia d’origine per un lungo periodo.

È la prima generazione ad avere meno certezze dei loro genitori. Conoscono un passato mitico, nel quale, grazie ad un profondo impegno, era possibile affermarsi, un presente incerto ed un futuro indefinibile, spesso visto a tinte fosche.

Non c’è più l’obbligo morale del matrimonio a tutti i costi e, se la coppia non funziona, ci si separa. Quindi è normale formare famiglie allargate, con una coppia genitoriale e figli provenienti da diverse unioni.

Ci sono diverse sottocategorie nella Generazione Y.

Ci sono coloro che si sono realizzati, che spesso non risiedono più nel loro paese d’origine, conoscono più lingue e sono disposti a spostarsi per trovare la propria affermazione.

Ci sono coloro che dopo un lungo periodo di precarietà hanno trovato una loro dimensione lavorativa, hanno creato una propria famiglia, ma poi si sono separati dal compagno e faticano a ricrearsi una nuova famiglia.

Entrambe queste sottocategorie sanno che i loro figli non avranno le stesse possibilità che hanno avuto loro, perché la mobilità sociale si è sempre maggiormente arrestata.

Infine ci sono i cosiddetti “losers”, che continuano ad essere precari, non sono riusciti a crearsi una propria famiglia, a causa della mancanza di stabilità, e avvertono un profondo senso di fallimento in ogni dimensione della vita.

La generazione Y nel suo insieme avverte un’incertezza crescente, frutto delle scelte neoliberiste e della mancanza di tutele lavorative, si sente in debito per l’aiuto ricevuto dai propri genitori e teme di lasciare un mondo peggiore alle future generazioni.

È una generazione che conosce profondamente la dimensione della solitudine, in quanto figlia della terza rivoluzione industriale, che riduce la possibilità di creare un proprio gruppo all’interno del proprio contesto lavorativo, con cui frequentarsi anche al di fuori. Il calore derivante dal senso di appartenenza della comunità vecchia non industriale, riguarda un passato mitico, risalente all’epoca dei nonni, ed è ormai un ricordo sempre più sbiadito.

La generazione Y è una generazione indefinita, conscia di questa sua situazione esistenziale, dalla quale non sa come uscirne. La speranza non è venuta meno, ma i momenti di crisi sono molto frequenti.

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