La depressione: la malattia più imponente del secolo XXI

Nel 2030 nei paesi occidentalizzati la depressione sarà la malattia più frequente nella popolazione, superando le malattie cardiovascolari, legate ad uno stile di vita malsano attualmente in vetta alle classifiche.

Com’è possibile?

In un’epoca di pazzia, credersi immuni dalla pazzia è una forma di pazzia.

Saul Bellow

Analizziamo le malattie mentali.

Quando si soffre di una malattia mentale come la depressione, si hanno delle problematiche psicologiche legate al senso della vita e degli squilibri a livello cerebrale. Se poi prima nascono i problemi psicologici che causano gli squilibri celebrali o il contrario è questione controversa, come se è nato prima l’uovo o la gallina.

La depressione è considerata un problema di tipo individuale: chi è più vulnerabile o predisposto a tale malattia, anche per variabili genetiche, è più probabile che soffrirà di tale patologia.

E se non fosse proprio così? Se centrasse anche la società nella quale viviamo?

Si sta diffondendo il modello bio-psico-sociale per spiegare l’insorgenza delle malattie.

Prendiamo l’esempio dello stress. Un individuo soffre di stress, a causa di un fenomeno sociale che gli causa disagio. Tale condizione porterà inizialmente ad un’infiammazione, che se protratta potrebbe portare all’insorgenza di qualche malattia fisica, come un’ulcera, che si protrae nel tempo, anche se curata.

Quindi una problematica sociale arriva a determinare una malattia che si riverbera anche a livello organico sull’individuo.

La spiegazione data alla depressione è che sei malato per colpa della chimica del tuo cervello, mentre è un disordine affettivo dato da una forma di scontento sociale. La società occidentale sempre più individualizzata, con alla base l’ipercompetizione tra gli individui, la precarietà persistente, che causa un’insicurezza esistenziale, produce depressione, che può essere ridotta in poche parole alla mancanza di senso della vita.

Che fare?

Una volta curata la propria depressione individuale si deve cercare di trasmettere l’energia che produce malattia, perché rivolta verso sé stessi, nella direzione del creazione di una società, che produca empatia e reciprocità e non competizione e isolamento.

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