La “nuda vita” ai tempi del covid-19

L’interpretazione della gestione politica e mediatica della pandemia da covid-19 ha portato le persone ad alcune riflessioni. La risposta collettiva all’emergenza denuncia la vittoria del valore unico della “nuda vita”, vale a dire della mera sopravvivenza biologica, al di sopra di altri punti di riferimento umani: personali, sociali, spirituali, economici, politici… Considerare la “nuda vita” come orizzonte esistenziale per la società contemporanea comporta notevoli rischi.

La reazione collettiva, che include tanto le misure adottate dal governo quanto il modo in cui i cittadini abbiano accettato di mettere in pratica tali misure, manifesta la facilità con cui siamo subito pronti a sottomettere “praticamente tutto” alla conservazione biologica dell’esistenza, con l’accettazione del controllo dell’autorità da parte della popolazione, e la distanza reciproca autoimposta per una paura ancestrale dell’untore. La giustificazione di tutto ciò è la facilità con cui la preservazione della vita biologica viene anteposta alle altre esigenze umane.

La sottomissione di ogni valore alla vita biologica implica l’assenza di ogni collante sociale al di là della preservazione della nuda vita. Non vi è più alcun progetto comune, se non il mantenimento della specie. Ma nulla di tutto ciò che si aggiunge alla nuda vita è spendibile pubblicamente. Il pericolo di una degenerazione dei rapporti interpersonali è forse il pericolo più preoccupante in questa fase, con il pericolo di una chiusura in sé stessi.

Ma come si potrebbe configurare una risposta veramente collettiva?

L’uomo non si confonde mai con la naturalità pura presupposta dal concetto di “nuda vita”. L’umano e la vita sono caratterizzati da una dialettica tra natura e libertà. Come uscire da questa concezione della vita come meramente biologica nel contesto dell’emergenza attuale? L’unica possibilità è concepire la vita come orizzonte di significatività umana a partire dalla quale è possibile difendere la vita biologica, come funzionale allo sviluppo di una vita degna, perché fondata su un progetto comunitario, in cui sia importante anche la vita degli altri.

Attualmente anziché renderci conto della essenza più alta dell’esistenza e della comunità umana, sulla base della preservazione della vita biologica abbiamo ritenuto fondamentale la “nuda vita”, trascurandone gli altri fondamenti.

È probabilmente utopico pensare che, passata questa crisi, il “paradigma biologico” potrà cambiare automaticamente, forse, anche se solo inconsciamente, inizieremo tutti a sentire che qualcosa di fondamentale è stato sottratto al nostro essere umani.

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