La vita è adesso! Nuove necessità e disagi nella civiltà contemporanea e le possibili vie di uscita

Perché la società attuale, che dovrebbe aver raggiunto delle vette insuperabili di benessere e felicità, dato l’immenso sviluppo tecnologico, è in realtà una società del disagio e del malessere?La società nella quale viviamo ci impone delle regole, spesso contraddittorie, e delle visioni del mondo in maniera per lo più implicita. Tutti i membri di una determinata società si richiamano ad un certo immaginario comune, che deriva prima di tutto dal nostro ambiente familiare, poi dal nostro gruppo di pari di riferimento. Il tutto oggi è largamente influenzato dalla diffusione capillare dei media. Questo immaginario che accomuna i membri di una certa società veicola alcuni valori di riferimento, che bisogna accettare e a cui adeguarsi, pena la riprovazione sociale e l’esclusione dal gruppo. Si creano anche molte aspettative che ci influenzano.

In che società viviamo oggi? Come facciamo a sapere cos’è la società?

Ormai la nostra visione della società è totalmente influenzata da ciò che ci propongono i mass media. La rivoluzione di internet non è avvenuta. Si pensava che con internet tutti avrebbero potuto dire la propria opinione e l’informazione sarebbe diventata libera, invece alla fine le grandi corporation hanno preso il dominio dell’informazione sulla rete e le notizie che circolano sui mass media sono sempre le stesse.

Cosa ci propongono i mass media?

Ormai l’attuale società è una società dove ha vinto la finanza. La sensazione è che siamo dominati da astratte leggi di mercato che magicamente influenzano la nostra vita e ci rendono inutili. L’inganno continuo che ci viene propinato per giustificare un’austerità che porta a tagli nel welfare: nel passato si è sostenuto uno stile di vita troppo elevato e oggi non ci sono più risorse. Poi se si va a ben vedere i soldi continuano ad essercene e anche troppi, ma sempre maggiormente nelle mani di troppo pochi.

Il lavoro è un miraggio sempre più lontano per tante persone, soprattutto per i più giovani. A questo si aggiunge il disagio provocato da un’etica della responsabilità, che ci fa sentire anche colpevoli di non andare bene per questa società o non saperci vendere abbastanza bene. Ragioniamo sulle implicazioni di questo concetto: se non troviamo un lavoro, è colpa nostra; i nostri genitori, se non i nostri nonni, hanno sempre avuto un lavoro, da quando hanno trovato un lavoro stabile fino alla pensione.

In ogni contesto sociale abbiamo ogni individuo possiede un determinato stato sociale, che implica il riconoscimento di alcuni diritti da parte della società, e un ruolo, cioè degli obblighi verso gli altri: abbiamo delle responsabilità e dobbiamo fare alcune azioni per rispondere alle aspettative degli altri. Lo stato sociale e il ruolo sono importanti per essere accettati in ogni determinata società. Se non si risponde ad alcuni canoni diveniamo degli esclusi dalla società, ma per tutta la vita l’uomo ha bisogno di riconoscimento ed accettazione da parte degli altri.

Connesso al tema del ruolo nella società vi è quello dell’identità personale. La nostra identità, che ci caratterizza, si sviluppa attraverso le relazioni con gli altri, a partire dalle prime relazioni con la mamma prima, e successivamente con entrambi i genitori. Dobbiamo essere delle persone e qui si nasconde l’inganno: l’etimologia della parola “persona” richiama il concetto di maschera. A seconda del contesto nel quale siamo dobbiamo indossare la migliore maschera richiesta dal contesto.

Quali sono i modelli a cui ci si deve ispirare per sviluppare la propria identità oggi?

Quelli proposti dai mass media, che ci influenzano sempre più sottilmente e in maniera sempre più invasiva: l’uomo forte, muscoloso, ma glabro, riuscito nella vita con un bel macchinone; la donna con una taglia 42, una brava mamma e un’ottima lavoratrice.

Come fare affinché le persone accettino possibilmente in maniera acritica i modelli proposti dalla società? Sì esatto, come fermare il pensiero critico della popolazione?

Con strumenti di distrazione di massa: i vari talk show dove non si parla di nulla, i programmi di cucina ci allietano costantemente la vita, Facebook in cui perdiamo sempre più tempo, nella speranza di crearci una nostra identità con gli altri, quando nella realtà siamo sempre più soli.

La sensazione dominante che ci viene proposta?

La paura. La paura di tutto. Il terremoto ci distruggerà tutti ed è imprevedibile. Migliaia di immagini e notizie sui danni. In Giappone non sarebbe crollato nulla, ma da anni sanno che si trovano sopra una faglia sismica e costruiscono secondo le tecnologie all’avanguardia. L’Italia si trova all’incrocio tra due placche continentali che si scontrano, quella africana e quella europea. Se costruiamo meglio, i terremoti non ci creeranno più troppi danni.

Ma tenere la popolazione in ansia continua aiuta a tenere le persone su posizioni difensive, evita che vengano messi in dubbio i sistemi di potere.

Si cominciano a scrivere fiumi di libri sulle operazioni psicologiche, cui ricorrono ad esempio gli strateghi della CIA. Lo stesso terrorismo non nasce dal nulla, ma sembra sia sempre più forte.

Cosa ci salverà dalla catastrofe planetaria nella quale viviamo?

Oggi la stessa Terra sembra condannata ad esaurire le risorse che permettono la vita, la società ha perso i valori di riferimento di un tempo e l’unica certezza che abbiamo è che la nuova epoca sarà peggio delle precedenti. Arriverà qualche uomo forte che farà tacere i vari dissensi e risolverà tutti i problemi? Oppure la scienza troverà fantastiche soluzioni a tutti i mali dell’uomo e vivremo in eterno?

No, forse non andrà proprio così…

Allora dobbiamo fare un piccolo sforzo per capire come siamo arrivati a questo punto e se possiamo fare qualcosa per intraprendere una nuova strada.

Partiamo da uno dei fondamenti che reggono l’attuale sistema economico, cioè dobbiamo parlare dell’Homo oeconomicus. Dopo l’homo sapiens sapiens si è sviluppato un nuovo tipo di homo sapiens, l’homo oeconomicus, padrone assoluto della propria razionalità e dei propri desideri.

Le caratteristiche peculiari dell’homo oeconomicus:

  • ha certe preferenze che è in grado di disporre in sequenza per fare delle scelte;
  • è capace di massimizzare la sua soddisfazione utilizzando al meglio le sue risorse;
  • è in grado di analizzare e prevedere nel modo migliore la situazione e i fatti del mondo circostante, al fine di operare la scelta più corretta e razionale.

È dall’inizio del 1800 che ci viene proposto questo modello di uomo, l’homo oeconomicus, come prototipo di come vengono fatte le scelte in ambito economico.

Dopo quasi 200 anni, nel 2002 Daniel Kahneman, uno psicologo israeliano, insieme all’economista Vernon Smith, ha vinto il Premio Nobel per l’economia. Cosa hanno dimostrato di così sensazionale per l’economia? Che l’homo oeconomicus non esiste, è un’astrazione pura senza alcun fondamento reale.

Kahneman, collaborando per anni con Amos Tversky, tramite brillanti esperimenti, ha dimostrato in maniera scientifica che i processi decisionali umani violavano sistematicamente alcuni principi di razionalità, mentre le teorie microeconomiche assumono che il comportamento degli agenti decisionali siano razionali e finalizzati ad una massimizzazione dell’utilità.

L’homo oeconomicus è un’astrazione scientifica che rispecchia un insieme di conoscenze da molti anni abbandonate, perché superate o integrate dalle acquisizioni della psicologia, dell’antropologia e di alcune branche della stessa economia. Probabilmente se si divulgassero queste nuove e numerose acquisizioni scientifiche, della teoria economica sulla cui base si giustificano operazioni finanziarie e politiche dagli effetti disastrosi o autolesionisti, resterebbe ben poco.

 Quali sono le nuove scoperte scientifiche su come funziona l’essere umano?

Il modello bio-psico-sociale, utilizzato a partire dagli anni ‘80, è quello che meglio descrive l’essere umano. In sintesi l’uomo è un essere che è influenzato da tre livelli che interagisco e si influenzano tra loro: biologico, psicologico, sociale.

Secondo la PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI) la parte Psico del corpo, cioè la mente, il pensiero/sentimento, influenza il livello Neuro, cioè le connessioni neuronali del nostro cervello, che è in relazione con il nostro sistema Endocrino, cioè con quell’apparato del nostro corpo, costituito da una serie di ghiandole che interagiscono tra di loro e con il corpo attraverso gli ormoni, che, infine, influenza il nostro apparato Immunologico, cioè, in estrema sintesi, le difese del nostro organismo.

Noi esseri umani nasciamo in un determinato ambiente da specifici genitori. Alla nostra nascita non abbiamo ancora una nostra identità e dipendiamo dai nostri genitori per tuttoÈ così importante per noi esseri umani saper stare con gli altri che il nostro cervello ha appositamente delle aree specifiche per la comprensione di quanto fanno gli altri intorno a noi: i neuroni specchio, che si attivano sia quando compiamo una data azione in prima persona sia quando vediamo altri che la compiono. Sono stati scoperti qui in Italia a Parma, dall’equipe del professor Rizzolatti.

Cosa ci dice questa scoperta? Noi possediamo già a livello biologico ciò che ci permette di provare empatia verso i nostri simili, cioè di percepire e rispondere adeguatamente alle emozioni che ci inviano gli altri.

Come mai se siamo fatti per capire gli altri, siamo anche egoisti e tendiamo a pensare prima ai nostri interessi personali, tanto da poter arrivare a uccidere un membro della nostra stessa specie?

Torniamo all’economia e al Dilemma del prigioniero. Questo è un tipico esperimento mentale utilizzato dagli economisti per capire come l’uomo prende le decisioni, partendo ovviamente dalla base che l’uomo tende sempre ad evitare il male peggiore e a massimizzare il proprio tornaconto.

Dilemma del prigioniero: due criminali vengono accusati di aver commesso un reato. Gli investigatori arrestano entrambi e li chiudono in due celle diverse, impedendo loro di comunicare. Ad ognuno di loro vengono date due scelte: confessare l’accaduto, oppure non confessare. Viene inoltre spiegato loro che:

  1. se solo uno dei due confessa, chi ha confessato evita la pena; l’altro viene però condannato a 7 anni di carcere.
  2. se entrambi confessano, vengono entrambi condannati a 6  anni.
  3. se nessuno dei due confessa, entrambi vengono condannati a 1 anno, perché comunque già colpevoli di porto abusivo di armi.

La miglior strategia di questo gioco non cooperativo è “confessa, confessa”, perché non sappiamo cosa sceglierà di fare l’altro. Per ognuno dei due lo scopo è infatti di minimizzare la propria condanna; e ogni prigioniero:

confessando: rischia 0 o 6 anni
non confessando: rischia 1 o 7 anni

La scelta razionale prevede che sia meglio confessare, ma se ci si basa sulla fiducia verso l’altro la strategia migliore è non confessare.

Molto più interessante è il caso del gioco ripetuto più volte. Si suppone, come nella vita, che il gioco non si sa quando finirà, che ad ogni prova i giocatori facciano le loro scelte simultaneamente e che, subito dopo una prova, ciascuno venga a conoscenza della scelta effettuata dall’altro.

Cosa succede? Emerge la volontà di collaborare tra i due criminali. Nella nuova situazione ripetuta ciascun giocatore teme che un caso di non cooperazione possa portare al collasso della cooperazione in futuro. Emerge la fiducia: alla fin fine se collaboro con l’altro, provo a fidarmi, ci guadagno anche io, nonostante debba correre qualche rischio.

Come mai la fiducia tra gli essere umani è così assente nelle nostre relazioni?

L’uomo è un animale sociale, cioè in lui non dominano solo gli istinti, ma spesso sono più importanti le acquisizioni culturali. Così diviene possibile uccidere un altro nostro simile.

Nel furioso combattimento per il possesso delle femmine dei leoni, dove domina l’istinto, l’animale che sente di avere perso, si pone in una posizione di remissione, abbassa il collo ed espone un punto vitale al nemico, immediatamente il vincitore arresta la propria furia e lascia l’avversario libero di andarsene.

Attraverso la cultura noi riusciamo a vedere un altro essere della nostra specie come il nemico, un’entità a noi estranea, che possiamo anche sacrificare ai nostri interessi.

La cultura occidentale è una cultura patriarcale, figlia di popolazioni lontane, gli indoeuropei, che invadevano e attaccavano: la guerra era il loro mezzo di arrivare alla pace. Le tracce di questo tipo di cultura, in cui si deve vincere ed eccellere, sono rimaste fino ai nostri giorni ed anche esacerbate. Pensate ad un qualsiasi gioco, c’è sempre la competizione. Fin da piccoli ci viene insegnato che dobbiamo essere migliori degli altri in un’eterna competizione.

Forse allora per trovare una soluzione praticabile ai problemi attuali ed evitare la catastrofe ci vuole un cambiamento profondo nel nostro modo di pensare a noi stessi e agli altri, in cui capiamo che solo insieme, tutti insieme, possiamo creare un nuovo mondo.

Viviamo in questa società che è sempre più globalizzata, fuggire è impossibile. Che fare quindi?

Non abbiamo risposte assolute a questa domanda, abbiamo provato a riflettere su alcune nuove scoperte e a provare a dare qualche risposta, ma le strade possibili sono molteplici, chissà quali prenderà l’umanità…

Se senti il bisogno di un supporto psicologico non esitare a contattarmi: aspettare non è mai una buona idea. Compila il form e fissiamo un appuntamento
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