Tra i disagi della civiltà contemporanea e le nuove forme del malessere: quali possibilità per l’Uomo?

Perché la società attuale, che dovrebbe avere raggiunto delle vette insuperabili di benessere e felicità, dato l’immenso sviluppo tecnologico, è in realtà una società del disagio e del malessere?

Il tipo di essere umano che intendiamo prendere a modello è quello descritto dal modello bio-psico-sociale, utilizzato a partire dagli anni ‘80. In sintesi l’uomo è un essere che è influenzato da tre livelli che interagisco e si influenzano tra loro: biologico, psicologico, sociale.

Secondo la PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI) la parte Psico del corpo, cioè la mente, il pensiero/sentimento, influenza il livello Neuro, cioè le connessioni neuronali del nostro cervello, che è in relazione con il nostro sistema Endocrino, cioè con quell’apparato del nostro corpo, costituito da una serie di ghiandole che interagiscono tra di loro e con il corpo attraverso gli ormoni, che, infine, influenza il nostro apparato Immunologico, cioè, in estrema sintesi, le difese del nostro organismo.

Noi esseri umani nasciamo in un determinato ambiente da specifici genitori. Alla nostra nascita non abbiamo ancora una nostra identità e dipendiamo dai nostri genitori per tutto. Abbiamo visto prima che possediamo già determinate caratteristiche che influenzano il nostro modo di rapportarci al mondo.

È così importante per noi esseri umani saper stare con gli altri che il nostro cervello ha appositamente delle aree specifiche per la comprensione di quanto fanno gli altri intorno a noi: i neuroni specchio, che si attivano sia quando compiamo una data azione in prima persona sia quando vediamo altri che la compiono.

Noi possediamo già a livello biologico ciò che ci permette di provare empatia verso i nostri simili, cioè di percepire e rispondere adeguatamente alle emozioni che ci inviano gli altri.

Attraverso le relazioni con gli altri, a partire dalle prime relazioni con la mamma prima, e successivamente con entrambi i genitori, svilupperemo una nostra personale identità, che ci caratterizza. Alcuni elementi fondanti si sviluppano precocemente, mentre altre caratteristiche si evolveranno successivamente nel corso della nostra vita.

La società nella quale viviamo ci impone delle regole, spesso contraddittorie, e delle visioni del mondo in maniera per lo più implicita.

La società ci chiede di essere delle persone: l’etimologia di questa parola richiama al concetto di maschera. A seconda del contesto nel quale siamo dobbiamo indossare la migliore maschera possibile, ma è complicato poter essere noi stessi senza subire le conseguenze di questa scelta.

In ogni contesto sociale abbiamo un ruolo, cioè degli obblighi verso gli altri: abbiamo delle responsabilità e dobbiamo fare alcune azioni per rispondere alle aspettative degli altri. Accanto al ruolo che ricopriamo abbiamo anche un certo stato sociale che implica il riconoscimento di alcuni diritti da parte della società.

Tutti i membri di una determinata società si richiamano ad un certo immaginario comune, che deriva prima di tutto dal nostro ambiente familiare, poi dal nostro gruppo di pari di riferimento. Il tutto oggi è largamente influenzato dalla diffusione capillare dei media.

Questo immaginario che accomuna i membri di una certa società veicola alcuni valori di riferimento, che bisogna accettare e a cui adeguarsi, pena la riprovazione sociale e l’esclusione dal gruppo. Si creano anche molte aspettative che ci influenzano.

La società contemporanea

Proviamo a declinare alcuni degli aspetti della società nella quale viviamo oggi con alcune brevi e sintetiche frasi.

Viviamo in una società liquida

Nella nostra società i riferimenti solidi che identificavano la società moderna, come la famiglia, il lavoro e le ideologie, non sono più tali. La famiglia è sempre meno monolitica, più che di famiglia si deve parlare di famiglie: allargate, frutto di separazioni, omosessuali… Il lavoro è oggi quanto di più precario possibile. Infine le ideologie, che davano a migliaia di persone una direzione verso la quale declinare la propria vita, sono scomparse.

La forma fisica a tutti i costi

La società ci impone di avere una determinata forma fisica ad ogni costo. Appena abbiamo tempo dobbiamo andare in palestra per rassodarci e tonificarci. Se non ci atteniamo al modello imperante non andiamo bene. In una società dove il benessere è d’obbligo, le emozioni negative vanno scacciate, nascoste, magari anche con l’aiuto di qualche sostanza.

Il modello di corpo proposto non è possibile per la prosecuzione della vita.

Pensiamo alla Barbie: se esistesse una donna con le sue proporzioni, non potrebbe di sicuro avere figli, perché avrebbe il bacino troppo stretto, ma non potrebbe nemmeno stare in piedi. La donna, dopo tutte le lotte delle femministe, è tornata ad essere solo un corpo da mercificare.

Oggi il vecchio modello di uomo maschio, bello villoso, non va più bene: anche l’uomo deve nascondere la propria virilità, i peli eccessivi vanno assolutamente eliminati, così sulla schiena come sul petto, e vanno assolutamente curate le sopracciglia.

La pornografia delle relazioni

Ormai tutto quello che ci succede deve essere ostentato, reso pubblico. Se litighiamo con il nostro partner dobbiamo immediatamente cambiare il nostro stato su FB per comunicarlo al mondo.

Il paradiso arriverà presto grazie alla tecnoscienza

I nuovi miracoli li produrrà la scienza, che risolverà tutti i nostri mali, fino a farci diventare eterni. Le nanotecnologie potranno riparare qualsiasi danno del nostro organismo in eterno e così vivremo per sempre.

La politica, l’arte di governare la città, la cosa pubblica, non ha più senso. Sono i nuovi scienziati dell’economia capitalista, che scopriranno quelle tecniche, che porteranno la società verso nuovi lidi.

Le nuove forme del malessere

La nostra società attuale ci presenta nuove forme di malessere, nuovi tipi di psicopatologia, completamente diversi da quelli affrontati e studiati dai pionieri della psicologia a fine ‘800 e durante i primi anni del ‘900.

Abbiamo esposto un certo modello di uomo, in un’ottica bio-psico-sociale, dove l’uomo nella sua interezza interagisce con la società che influenza e dalla quale viene influenzato. Abbiamo poi accennato a come la società attuale sta cambiando. Proviamo ora a vedere come questi cambiamenti impattano sull’individuo, arrivando a produrre in alcuni casi delle malattie.

Depressione

Nella società della felicità eterna, del consumo infinito, siamo tristi, anzi angosciati, la vita non ha più alcun senso. Non sappiamo che farcene. Quale senso dargli? La religione e la politica non danno più risposte. La realtà salta agli occhi senza più alcun velo e scopriamo di trascinarci in un’esistenza senza scopo: diventa difficile alzarci dal letto, l’ansia, la colpa di non andare bene, di non essere fatti per questo mondo, di sbagliare sempre tutto, di non essere simili nemmeno lontanamente ai modelli proposti ci annienta. Meglio farla finita, tanto non abbiamo speranza.

La depressione è una delle malattie più persistenti nella nostra società occidentale. Per superarla ci vanno opportune cure mediche, un affiancamento psicoterapeutico e infine l’affrontare la malattia come un momento di crisi che ci aiuti a trovare un nostro senso all’esistenza, al di fuori degli schemi imposti.

Anoressia

L’etimologia di “anoressia” significa “mancanza di desiderio”. Non è questo il sintomo dell’anoressica, l’anoressica ha fame, soprattutto dell’affetto dell’Altro che le è sempre mancato. L’anoressia è una malattia tipicamente femminile, ancora oggi il rapporto è di 10 donne contro 1 uomo.

Per quello che ne sappiamo oggi, anche per l’anoressia ci sono delle caratteristiche genetiche specifiche, che rendono un individuo più vulnerabile alla malattia. Ciò che però caratterizza maggiormente la dinamica della genesi dell’anoressica è il rapporto con la madre. Una madre che per sue fragilità, ha bisogno di una rapporto fusionale con la propria figlia. La madre svaluta la propria bambina, per evitare che possa divenire indipendente, aumentando il suo senso di insicurezza. Poi però la madre chiede alla propria figlia di farle da madre, in un rapporto di accudimento invertito.

L’anoressica reagisce a questa dinamica con un rifiuto della vita. L’eccessiva magrezza è in realtà la volontà di dimostrare che non ha bisogno di un corpo, che la sua purezza e perfezione va al di là di ciò che gli uomini riescono a fare, l’anoressica può fare a meno del cibo. Questa capacità di riuscire a negare uno degli istinti principali dell’uomo, il bisogno di nutrirsi, è ciò che fa sentire l’anoressica importante: non riesce a controllare nulla della propria vita, ma è in grado di vincere la tremenda fame che prova. Tale meccanismo produce un senso di euforia e di onnipotenza: l’anoressica vince contro l’Altro che la vuole imprigionare, e gli dimostra che è lei la più forte.

L’anoressia è un’altra delle malattie tipiche della nostra società occidentale. In altre società dove non c’è il riferimento continuo ad un modello femminile di androginia, un corpo privo di forme e della propria femminilità, non esiste questa malattia. Il corpo proposto in continuazione è quello di un essere umano perfetto, che controlla i propri bisogni, secondo le regole estetiche della società: non è importante se ci piace mangiare un’altra fetta di torta, è più importante che poi possiamo indossare una taglia “42” massimo “44”.

Si è voluto tralasciare le dinamiche cliniche legate alle varie evoluzioni della malattia e quindi non si è parlato delle relazioni con le altre forme di disturbi alimentari, per soffermarci maggiormente sullo specifico dell’anoressia, come altra forma esemplare del malessere contemporaneo. L’anoressia dimostra l’adesione completa dell’individuo ai dettami della società: si accetta in totale il modello di donna proposto fino alle sue estreme conseguenze, che portano all’estinzione della propria vita.

L’unica possibilità di cura è aiutare l’anoressica a fermare, prima dell’irreversibilità fisiologica che porta alla morte dell’individuo, il meccanismo patologico “Più controllo la fame, più sono importante”. Nel frattempo l’anoressica va aiutata a costruirsi una propria identità, che vada al di là dell’apparenza del proprio corpo.

Dipendenze patologiche

Ci occuperemo esclusivamente delle dipendenza da sostanze per semplificare un discorso già complesso. Le tossicodipendenze o meglio ancora le dipendenze patologiche sono il frutto della contemporaneità.

In Perù si masticano da centinaia di anni foglie di coca, per sostenere alcuni lavori pesanti ad alte quote, dove la rarefazione dell’ossigeno rende il lavoro più faticoso. Le sostanze psicotrope per produrre stati alterati di coscienza sono a disposizione di sciamani e dei seguaci dei vari culti misterici da millenni. Ma se non ci fosse la tecnologia per produrre su scala industriale i vari tipi di droghe, non avremmo una diffusione così capillare della tossicodipendenza.

Secondo una visione semplicistica ci sono due categorie di tossicodipendenti. Chi usa oppiacei, come l’eroina, perché ha dei demoni interni da placare e questa sostanza rilassa, intorpidisce i sensi, quindi una tossicodipendenza come una sorta di autocura. Per contro chi usa alcune sostanze, come la cocaina, per incrementare le proprie capacità prestazionali, sul lavoro o nella sessualità.

Il problema è molto più complesso, perché la tossicodipendenza, a partire dalle vulnerabilità genetiche precedentemente indicate, si sviluppa in molteplici soggetti, che hanno le storie di vita più disparate. Non si ha un’unica storia esemplificativa che porta alla tossicodipendenza, ma con il tempo ogni individuo che diventa tossicodipendente sviluppa alcune caratteristiche peculiari che lo rendono simile a tutti gli altri individui che soffrono di questo disagio. La tossicodipendenza ha un carattere trasformativo dell’individuo, che produce uno iato incolmabile tra il prima e il dopo della malattia.

Il vero nocciolo della tossicodipendenza è l’incapacità di saper mediare le emozioni. Per ogni emozione c’è la sostanza giusta. Da adolescenti si inizia in discoteca con le varie droghe sintetiche, con le varie sigle tipo MDMA, per empatizzare più facilmente con gli altri. Poi se si vuole tirare fino a tardi un po’ di cocaina e se infine ci si sente depresso un po’ di eroina che rilassa. La società della connessione continua con gli altri produce dei cortocircuiti emozionali in individui che fanno di tutto per relazionarsi con l’Altro, ma che devono ricorrere all’aiuto di una sostanza, per non essere distrutti da un possibile incontro con l’Altro.

Secondo quest’ottica si comprende quella sorta di affratellamento che accomuna la comunità dei tossicodipendenti, alla ricerca di una sorta di identità, seppur precaria, che riempia il vero vuoto del proprio essere.

Qual è la cura? Un aiuto medico, per combattere i sintomi di astinenza iniziali e poi una cura psicoterapeutica che aiuti l’individuo a recuperare la propria individualità al di là di quella di tossicodipendente. I gruppi terapeutici sono basilari per la cura, perché aiutano l’individuo a confrontarsi con gli altri e a recuperare la capacità di relazionarsi.

Conclusioni

Al termine di un discorso così ampio, pur con tutte le semplificazioni fatte, occorre almeno ancora una riflessione.

L’uomo nella sua interazione socio-psico-biologica si ammala in una società malata alla sua base. Non potrebbe essere altrimenti: la continua insicurezza, sociale ed economica, nel quale siamo costretti a vivere, gli stili di vita sempre più stressanti ed esigenti, nella ricerca di una perfezione estetica e moraleggiante, porta molti individui a sviluppare sempre maggiori forme di malessere.

Viviamo in questa società che è sempre più globalizzata, fuggire è impossibile. Che fare quindi? Non abbiamo risposte assolute a questa domanda, siamo riusciti probabilmente solamente a porre nuovi interrogativi, ma l’unico consiglio possibile è che ognuno trovi la propria strada, perché come diceva Wittgenstein “Di ciò che non si sa è meglio tacere”.

Se senti il bisogno di un supporto psicologico non esitare a contattarmi: aspettare non è mai una buona idea. Compila il form e fissiamo un appuntamento
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