La psicoterapia ha tra i suoi obiettivi quello di rendere la persona più consapevole delle proprie dinamiche interne, per saper affrontare meglio la vita.
Una maggiore consapevolezza però non conduce necessariamente ad un miglior benessere, ma spesso induce a sentirsi ulteriormente in colpa per non riuscire a cambiare il proprio stile di vita, pur sapendo cosa lo determina. Questo porta inevitabilmente ad una maggiore frustrazione e una continuazione dei sintomi, se non un loro peggioramento, poiché si continua ad agire i soliti meccanismi autoperpentuantesi.
Ciò deriva dalla credenza che una maggiore comprensione delle cause del proprio malessere faccia conseguire una sua risoluzione. Basterebbe allora andare da un logico: come in sillogismo basterebbe capire che ad A (causa del malessere) consegue B (sintomi), quindi basta fare C (diverso da A) per stare bene.
Purtroppo l’essere umano è più complesso e ciò non basta. L’uomo vive in un universo simbolico di significati, anche culturali.
Andare da uno psicoterapeuta significa affrontare una relazione nuova in cui rivivere le proprie dinamiche, a volte con tanta sofferenza, per affrontarle in maniera diversa.
Quale movimento dell’animo del paziente deve scattare? Il perdono. Perdonare etimologicamente deriva dal latino e risulta composto dalla particella intensiva PER, e dalla parola DONARE, concedere, in senso lato assolvere alla pena.
La terapia dovrebbe quindi portare al perdono, non per forza delle figure tragiche della nostra vita, che ci hanno causato sofferenza e che ancora la causano nelle nostre dinamiche interne, ma al perdono di noi stessi, per essere stati troppo deboli e fragili, per far fronte in maniera adeguata alle sofferenze inflitteci.
Perdonarsi è anche porre fine alla pena che continuiamo ad impartirci: la ricerca di un nuovo senso per il nostro passato, nel tentativo di superarlo, apre le porte alla speranza per cui un nuovo modo di stare al mondo sia possibile.