Ricciocapriccio: i capricci, questi conosciuti

Cosa vuol dire capriccio? Una definizione psicologica ce la dà Paolo Roccato: “Non esiste nessun bambino che faccia un capriccio quando si trova da solo. Perché si strutturi un capriccio, è necessaria la compresenza del bambino e di un adulto. I capricci, infatti, sono fenomeni relazionali. Nascono all’interno della relazione, si svolgono all’interno della relazione e mirano (sia pure malamente) a modificare qualche cosa di importante nella relazione”. Per comprendere meglio i significati dei capricci dobbiamo parlare di tre concetti chiave: il tempo, i “no” e i limiti.

Il bambino non ha il concetto del tempo come l’abbiamo noi: per lui un’ora, un mese, più tardi non significa nulla. Se la mamma dice “il gioco te lo compro un altro giorno” per il bambino vuol dire semplicemente “non te lo comprerò mai”. Esiste solo il “tutto e subito”: come nei bambini piccoli che se aspettano troppo la pappa, la rifiutano, perché diventa cattiva, così nei bimbi più grandi se non si ottiene subito ciò che si vuole, i genitori diventano ai suoi occhi cattivi.

Ci sono inoltre le fasi dei “No”: i bambini rispondono solo “no” a qualunque richiesta dei genitori. È una fase normale della crescita: quando nascono, i neonati non sanno di essere qualcuno di diverso dalla propria mamma; man mano che crescono acquisiscono la consapevolezza di essere qualcun altro. Attraverso i “No” i bambini affermano la propria identità, mettono alla prova i limiti.

Paradossalmente, però, i bambini hanno bisogno dei limiti, hanno bisogno dei “NO”, perché altrimenti si sentono persi e non sanno dove andare. I limiti, i confini, tranquillizzano il bambino.

Come fare per affrontare i capricci? Di seguito elencherò 10 piccoli trucchi che possono essere utili:

1) Se siete arrabbiati non intervenite: aspettate, fate un giro per la casa.

2) Durante la crisi il bambino non sente e capisce nulla. Non parlate: non serve. Non urlate, le urla si sommano a quelle del bambino.

3) Non pensate che i capricci siano dispetti contro di voi: quando un bambino dice «brutta», «cattiva», «non ti voglio», «vai via», non lo pensa davvero. 

4) Il «vostro tempo» non è quello del bambino, non ha concezione del lavoro, puntualità e ritardo, sono parole che non si trovano nel suo vocabolario.

5) I «no» devono essere pochi e sempre quelli.

6) I capricci spaventano i bambini più degli adulti, poiché non riconoscono le loro reazioni, non sanno il perché… Se lo capite verbalizzate, non drammatizzate ma restituiteli come reazioni normali che capitano a tutti i bambini, fatelo sentire accolto.

7) Entrate in rapporto con il bambino, con la sua disperazione, perché per lui è veramente tragico non trovare un gioco (scomparso per sempre per lui), o non riuscire in qualcosa.

8) Provate a mettervi dal punto di vista del bambino. Ad esempio stare a tavola, a casa e ancor di più fuori, è noioso: i grandi parlano di cose incomprensibili, le portate non arrivano mai… portatevi dei passatempi come giochi, colori…

9) Provate a spiazzarli: loro gridano disperati? Metteteli davanti ad uno specchio!

10) Soprattutto se sono piccoli, distraeteli.

È però fondamentale che i genitori si chiedano come si sentono durante il capriccio. Inadeguati, impotenti, arrabbiati? Se mi sento giudicato dalle mamme del parco o sento di sbagliare tutto con il mio bambino quando la cassiera mi guarda, non riuscirò a trovare le parole e il modo per limitare o far esaurire il capriccio.

Per i bambini fare i capricci è normale. E per i genitori è normale arrabbiarsi. Se durante il capriccio il genitore si sente rifiutato, sta provando gli stessi sentimenti del proprio bambino: mamma non mi vuol bene perché non mi compra il gioco; non mi capisce, perché mi porta via dal parco. Se invece alzando gli occhi il bambino vede un volto sereno e sorridente, che pone i limiti con fermezza, allora può capire che lui è arrabbiato, ma non la sua mamma. Pian piano si calmerà. Troppe punizioni aumentano la sensazione di essere cattivo e non essere amato.

Usiamo un altro esempio: il bambino che all’uscita dal nido o dalla scuola materna non vuol venir via e fa i capricci. “Come mai, dopo tutto questo tempo che non mi vede, non mi butta le braccia al collo felice?” una pedagogista inglese, Elinor Goldschmied, diceva sempre alle mamme: “Ma se voi aspettate un fidanzato per ore, poi quando arriva gli buttate le braccia al collo o gli date uno schiaffo?”

In conclusione, i capricci sono un modo inadeguato per rispondere alle frustrazioni, per esprimere un bisogno o per attirare l’attenzione. È importante che i genitori diano dei limiti fermi e che rispondano con dei “no” non discutibili, ma che contemporaneamente non si sentano giudicati o troppo coinvolti dalle loro emozioni.

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